San Valentino

Ogni San Valentino è un tuffo al cuore. Ogni San Valentino mi ricordo seduto alla scrivania della Fascetti. Mi ricordo mentre preparavo un esame con la TV accesa ed una edizione straordinaria del TG annunciava la morte di Marco Pantani. Ricordo le lacrime nel mio letto, la fine della speranza di vedere di nuovo il più grande ciclista di tutti i tempi ritornare ad emozionarci facendo semplicemente quello che sapeva fare meglio: andare in bici. E ricordo che pensai che San Valentino non avrebbe mai più potuto essere per me un giorno “d’amore”. Si era di fatto trasformato in un giorno di odio e tristezza: l’odio per chi aveva fatto di tutto per distruggere un uomo fragile solo per invidia; la tristezza di sapere che l’animo umano è fragile ed instabile e che basta così poco per frantumarlo. Come il cristallo.
Sono passati cinque anni da quel San Valentino. Ed ogni anno scorro gli articoli sui giornali online, che in un modo od un altro mi ricordano che l’animo umano è un po’ avvoltoio, visto che adesso tutti parlano del Pantani morto, ma nessuno ha fatto niente per aiutarlo quando era vivo. Quest’anno, tra i tanti, mi ha colpito l’intervista alla madre, che ancora cerca la verità, anche se in cuor suo sa che non la potrà più trovare. Perché in fin dei conti tutti noi crediamo che la verità su quest’uomo ancora non ce l’abbia raccontata nessuno.

P.S. Se scorrete il mio blog, troverete qualcos’altro su Pantani, che è stato il motivo per cui sono salito in sella, come quello per cui sono sceso.

Violenza

Non saprei dove iniziare per parlare di questo argomento. Non sono il presidente del consiglio, che ha sempre una battuta di cattivo gusto per tutti. Ed anche sforzandomi di tirare fuori una battuta di cattivo gusto, onestamente non ci riesco.
Dopo il traffico di clandestini, dopo il traffico di droga, dopo il traffico della prostituzione e dopo i furti in casa e le rapine, pare che ormai gli stranieri clandestini in Italia abbiano trovato il nuovo loro hobby preferito. Onestamente non me ne frega niente di generalizzare: i clandestini in Italia sono dei criminali perché l’Italia è un posto dove delinquere è permesso (…a tutti i livelli)!
Ma il caso che più mi ha agitato il sangue nelle vene è quello del panettiere romano, tutt’altro che straniero, decisamente non clandestino, ma ugualmente feccia. Mi ha agitato le vene per la stupidità del gesto, per la stupidità del personaggio (che due ore prima dell’atto selvaggio si fregiava di buon senso davanti le telecamere di Studio Aperto1) e per la stupidità della scusante (avevo bevuto ed ero drogato). Mi ha agitato le vene perché ho pensato ai suoi arresti domiciliari, coccolato a casa tra i genitori. In mezzo alle mie riflessioni passa il tentativo di empatizzare le sensazioni dei genitori dei “protagonisti”2 della vicenda, anche se con scarsi risultati.
Quando questo essere è stato riportato per gli arresti domiciliari ho pensato che lo Stato avesse perso un’altra occasione. Potevo capire le dichiarazioni della ragazza3 e le dichiarazioni di Alemanno, oltre che di altri esponenti politici. Poi ho staccato la spina delle emozioni ed ho attaccato quella del cervello. Ho spulciato, ho letto ed ho capito che la custodia cautelare non è l’anticipo della pena. Ho capito che lo Stato non fallisce in un arresto domiciliare. Lo stato fallirà (e di questo sono tristemente sicuro) quando questo essere patteggierà, avrà una pena assolutamente ridicola, magari indultato e tutto finirà a tarallucci e vino. E la vittima? Per la vittima non cambierà più niente tra il vedere questo essere libero o in galera per il resto della vita. La sua vita è ormai cambiata per sempre, ha preso un altro corso, lontano da quello di sempre, che difficilmente potrà essere recuperato. Lei non dimenticherà più.
Lo stato non può fallire di nuovo! Non può permettere che gente che inneggia allo stupro di gruppo possa avere un’occasione per ferire ancora. Lo stato non può permettere che la gente pensi che delinquere è permesso perché la si fa sempre franca in qualche modo!

  1. E già qui ci sarebbe da discutere, visto il “buon senso” del TG in questione.
  2. Più che della vittima, la cui ferita nell’anima, più che nel corpo, è semplicemente inavvicinabile.
  3. Anche se poi ritrattate.

Musica? Maestro?

Chi ha studiato uno strumento per un po’ di tempo conosce bene la sensazione di “blocco” che a volte si prova. E’ come entrare in una spirale, incominciando a suonare sempre le stesse cose, nello stesso modo, con la stessa intenzione, quasi meccanicamente,  senza sentimento.
Non ho mai visto la chitarra come uno strumento, ma piuttosto come uno Strumento1. Più che un martello per infilare un chiodo nel muro, l’ho vista come una valvola di sfogo, emozioni e sentimenti tramutati in vibrazioni, note… musica. Ed è con questo stesso spirito che ascolto i miei dischi ogni giorno.
Ultimamente le cose non vanno più così. Ho sotto il letto una chitarra che mai avrei solo lontanamente immaginato di possedere, che è stata il mio sogno irragiungibile per anni. Quando l’ho comprata, avrei dovuto sentirmi al settimo cielo, ed invece non ho mai digerito la “colpa” di aver speso così tanti soldi.
Ovviamente non è solo questo. Forse dentro di me è scattato qualcos’altro, una sorta di repulsione verso la musica. E’ come se non avessi più niente da dire, come vuoto dentro, incapace di esprimere un’emozione. O forse incapace di provarle del tutto. E quelle poche volte che riesco a suonare, con il suono più violento che ho a disposizione, tiro fuori la frustrazione di non essere capace di dire nient’altro che rabbia. Ed è certamente un sentimento anche questo, che forse mi appartiene più di altri. La rabbia di essere incapace di esprimere il mio potenziale.
Non so cosa sarà della mia chitarra o del mio essere “chitarrista”. Forse si sta avvicinando la fine di questa mia avventura. O forse ho solo bisogno di smettere del tutto di suonare, portare la mia bella chitarrina il più lontano da me (perché a volte la voglia di venderla è forte!) e ripensarci tra un bel po’. Magari con uno spirito diverso. Se possibile.

  1. L’utilizzo delle maiuscole e delle minuscole non è casuale

Frammenti di memoria

Non so esattamente cosa stavo cercando oggi. Ma ho incominciato a scavare dentro gli scatoloni che 6 mesi fa ho spedito da mamma e papà. Al loro interno, un pezzo della mia vita: gli anni pisani.
Avevo la sensazione che dovevo scavarci dentro. Una sorta di richiamo inconscio. In questi giorni mi sento così “puzzled” (mi piace un casino sta parola… a voi?), combattuto tra tante sensazioni che mi sembra di non riuscirne a trovare un filo. E come se non bastasse, le persone ci si mettono dentro anche per incasinarmi di più la mente, per ficcare i miei sentimenti in un frullatore e tirarci fuori un bel frappè.
La prima cosa che cercavo era sicuramente la mia tesi. Chi mi conosce, sa quanto questo sia un punto dolente, un nodo al dito che mai verrà sciolto. Ma ho creduto che leggere le dediche dei miei amici avrebbe sistemato qualche pezzo del puzzle al posto giusto. E così mi ritrovo a leggere queste cose:

Devo dire che per essere una tesi scritta mentre si chatta su MSN, è una bella tesi…
— Giuseppe

oppure…

Mi fa piacere pensare che i caffè e i kebab presi insieme ti abbiano dato la giusta “lucidità” e “forza” per arrivare fin dove sei arrivato! E siccome ne avrai ancora bisogno ti aspetto per i prossimi…
— Giovanni

ed ovviamente per chiudere il cerchio:

Ciao (bip). Su questa tesi hai posto una pietra miliare per la tua crescita (credo, non riesco a leggerlo bene). Ora viene la parte più bella e divertente… arrivano i primi soldi e le prime soddisfazioni con il sudore della tua fronte… non dimenticare però il cazzeggio, di cui tu sei maestro.
— Antonio

Chi non mi conosce, non crede come abbia potuto prendere l’università così “alla leggera”. Chi invece mi conosce bene sa che ho sempre saputo dare a tutto il suo peso…
Ma ci sono due dediche che ora più che mai acquisiscono significato. Di Marilena la prima, che scrisse dopo solo pochi mesi di conoscenza queste parole:

Numquam Felix Eris, Dum Te Torquebit Felicior * (cit. Seneca)
Mi raccomando, sorridi un po’ alla vita, giacché la vita sembra proprio sorriderti!!
In bocca al lupo per la nuova avventura,
— Marilena
* P.S. traduco, nel caso non ricordassi il latino…
Giammai sarai felice finché ti tormenterai perché un altro è più felice

E forse lei veramente aveva capito tutto di me. Ma c’è un’altra dedica illuminante… che ovviamente poteva scrivere solo una persona:

Solo davanti a questa pagina bianca si è dischiuso il mistero della penna che ieri mi è stata recapitata senza ulteriori spiegazioni.
Ti auguro di non restare impigliato nella rete del trading, ma di continuare quel viaggio che da I canti al Profumo ti ha portato fin qui.
— Giusi

Si! Quel viaggio l’ho continuato. Nel trading ci sono rimasto poco, anche se non sono ancora sicuro che non fosse realmente la mia strada. Ma certe volte forse è meglio smettere di viaggiare per trovare il proprio equilibrio. Ok, la fisica dice che l’equilibrio può essere anche dinamico. 🙂 Ma la verità è che la stabilità arriva con la staticità, quando la ricerca finisce e si tira una linea. Come dice Francesca, “quando chiudi il cerchio”.
Tante altre cose ho tirato fuori dai miei scatoloni: ricordi dei miei viaggi in Inghilterra ed Olanda, i libri di Philip K. Dick o le vecchie riviste di chitarre. Ho tirato fuori i miei dischi, che tanto ho amato, ascoltato, sezionato, alla ricerca di ogni singola nota, parola o colpo di batteria che potesse avere un senso. E tirando fuori questa roba dagli scatoloni, ho capito che tutto ciò che rende la vita in equilibrio in un determinato posto e momento non fa altro che renderla più confusa altrove ed in un altro tempo. In altre parole che l’equilibrio va cercato giorno per giorno, costantemente, come un inseguimento affannoso verso una meta irraggiungibile.
Insomma, non si può mai essere felici… 🙁

Bye bye, 2008

I’ll try to make an english traslation of this entry. Have a look down.

Che hanno incredibile questo 2008. Non posso contare il numero di cose straordinarie che mi sono successe.
Prima di tutto, dopo 7 anni passati a Pisa, tra alti e bassi, mi sono trasferito in una nuova città. E l’ho fatto in grande stile: Londra. Semplicemente meraviglioso! Ok, sono tornato alla “vita universitaria”, e questo potrebbe anche sembrare un fare un passo indietro. Ma non è una cosa che mi pesa realmente.  Il numero di incredibili esperienze che sto accumulando, professionali e – soprattutto – di vita, ripagano il passo indietro fatto dal mondo del lavoro alla vita universitaria.
Il lavoro, che ha riempito la mia vita per metà di questo anno, ha scritto sicuramente un’importante pagina della mia vita, trasformando le mie conoscenze teoriche in un fondamentale strumento per il lavoro di ogni giorno. Una lezione che non potrò mai dimenticare. Inoltre molti dei miei colleghi di lavoro adesso sono molto più di questo: sono amici.
Quest’anno mi ha fatto anche assistere ai primi matrimoni a cui ho veramente avuto il piacere di assistere: cari amici che rappresentano più che semplice persone incontrate durante gli anni universitari.
E’ stato anche l’anno di tante altre piccole cose: la lingua inglese, l’estate a Londra, una nuova chitarra (quella che forse ho desiderato più di tutte), il dottorato, il “nuovo” amore per la fotografia.
Se guardo indietro e penso agli anni appena passati, sicuramente metto questo 2008 su uno dei gradini più importanti della mia vita.
Grazie a tutti per aver reso speciale anche quest’anno! 😉

P.S. Questo è anche il primo anno in cui non ho mandato la mia solita email di auguri di buon anno. Ormai tutti usano Facebook… 🙁

What incredible year this 2008. I can’t count the number of extraordinary things that happened to me.
First of all, after I had been living in Pisa for 7 years, between good and worst moments,  I moved in a new city. And I’ve done it the best way possible: London. Simply amazing. Ok, I come back to the “university life”, and that seems to be a step back, but it’s not really a problem for me now. The incredible number of experiences that I’m doing, both professional and – expecially – of day-by-day life, repay the step back from the “work world” to the university life.
My job, that had fill up my life for half of this year, had written an important page of my life, turning my theoretical knowledge to a fundamental tool for the every-day job. A lesson that I will never forget. Moreover some of my workmates are now more that this: they are friends.
During this year I also attended the first weddings which I’m very happy to attend: great friends that are for me more that people met during the university years.
It has been also the year of many little events: english language, the summer in London, a new guitar (probably the one that I deside stronger than ever), my PhD, the “new” love for photography.
Looking back and thinking about the past years, this one is absolutely one of the most important of my life.
Thanks everybody because you made this year special! 😉

P.S. This is also the first year without the usual “new year’s eve” email. Now everybody uses Facebook… 🙁